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Campi elettromagnetici con forma d'onda complessa
Forme d'onda complesse e indici radioprotezionistici

Cosa si intende con forma d'onda complessa?
Nella radioprotezione dai campi elettromagnetici (CEM) non ionizzanti, si dice comunemente che una grandezza radiometrica o dosimetrica ha una forma d'onda complessa quando il suo andamento istantaneo in funzione del tempo è diverso da una sinusoide pura. Si ricorda che una sinusoide pura è una forma d'onda con ampiezza, frequenza e fase rigorosamente costanti.
Grazie all'analisi spettrale (serie di Fourier, trasformata di Fourier, trasformata di Fourier discreta, trasformata di Fourier veloce) è possibile rappresentare qualunque forma d'onda con una somma di un numero finito o infinito di componenti spettrali sinusoidali pure. Quindi possiamo anche dire che una forma d'onda complessa è una forma d'onda che comprende almeno due componenti spettrali sinusoidali pure a frequenza diversa.
In radioprotezione CEM siamo per lo più interessati a segnali con durata temporale limitata (coincidente, per quello che ci interessa in questa sede, col periodo di osservazione, di misura o di calcolo della grandezza valutata). In questa situazione, lo strumento adeguato per eseguire una analisi spettrale è la serie di Fourier oppure, in caso di segnali campionati, le sue versioni numeriche trasformata di Fourier discreta (DFT) e trasformata di Fourier veloce (FFT). Per mezzo di questi strumenti, è possibile rappresentare una forma d'onda complessa come somma di un numero (in genere considerato) finito di componenti sinusoidali perfette, aventi frequenza pari ad un multiplo intero dell'inverso del periodo di osservazione.
Perché una forma d'onda complessa costituisce un problema?
Tutte le norme di sicurezza nazionali ed internazionali specificano limiti massimi per le grandezze radiometriche e dosimetriche che risultano in genere diversi in funzione della frequenza. Pertanto, il confronto di un livello di CEM con i limiti normativi è a rigore immediato e diretto solo se si ha a che fare con l'esposizione ad un segnale perfettamente sinusoidale. In questo caso, basta confrontare il valore efficace del campo (valutato su un periodo del segnale) con il limite normativo. Tuttavia, i segnali perfettamente sinusoidali sono un'astrazione concettuale e non si incontrano mai nelle situazioni reali.
In varie applicazioni si ha spesso a che fare con segnali quasi perfettamente sinusoidali, in cui uno dei parametri della sinusoide viene fatto variare, automaticamente o manualmente, secondo le esigenze dell'applicazione, restando però sempre molto prossimi al valore centrale. Se si calcola lo spettro di un segnale del genere, si trova che la sua energia si distribuisce su un certo numero di componenti spettrali molto vicine tra loro, in frequenza. In questo caso, può essere ancora ragionevole confrontare direttamente l'intensità del segnale con il valore limite medio della regione di frequenze occupata dal suo spettro. Ma in tantissimi casi pratici questo non è possibile ed occorre affrontare il fatto che il segnale contiene componenti a frequenza diversa, a cui occorre applicare valori limite diversi. Per ulteriori considerazioni su questa questione, si rimanda alla domanda B.4 del documento Indicazioni operative per l'applicazione del D.Lgs.81/2008 - Titolo VIII - Capo IV rilasciato il 20 giugno 2019 dal Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome.
Come si valuta l'esposizione quando si ha a che fare con una grandezza radiometrica o dosimetrica che presenta una forma d'onda complessa?
In presenza di grandezze di questo tipo, fatti salvi i casi particolari descritti al punto precedente, si deve ricorrere all'applicazione di metodiche di valutazione basate sull'impiego degli indici di esposizione. Si veda anche la domanda B.5 del documento Indicazioni operative per l'applicazione del D.Lgs.81/2008 - Titolo VIII - Capo IV rilasciato il 20 giugno 2019 dal Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province autonome.
Che cos'è un indice di esposizione?
Gli indici di esposizione sono grandezze adimensionali definite attraverso un'espressione matematica che punta a tenere conto:
  • dell'intensità della grandezza radiometrica o dosimetrica che l'indice vuole rappresentare;
  • di come tale intensità si distribuisce tra le varie componenti spettrali a diversa frequenza che compongono la forma d'onda della grandezza in questione;
  • della variabilità del limite di esposizione a cui ci si vuole riferire, in funzione della frequenza.
Scopo di un indice di esposizione è pertanto quello di fornire una valutazione sintetica e integrata dell'esposizione in presenza di una forma d'onda complessa. Gli indici di esposizione sono formulati in maniera tale che un valore minore di 1 (o (del 100%, in caso di espressione percentuale) indichi conformità con la normativa presa a riferimento, mentre un valore maggiore di 1 (o del 100%) segnali una violazione della stessa.
Quali sono gli indici di esposizione e quando si utilizzano?
Gli indici di esposizione attualmente impiegati nella radioprotezione da campi elettromagnetici non ionizzanti sono (ci si limita in questa sede ai soli indici relativi alle grandezze radiometriche.
  • L'indice di somma spettrale lineare (ISSL). Introdotto fin dalle Linee Guida IRPA-INIRC del 1988 come algoritmo per trattare le esposizioni da sorgenti multiple, è adatto a quantificare il livello di esposizione ad un campo elettrico o magnetico con forma d'onda complessa con l'obiettivo di prevenire gli effetti legati alla stimolazione dei tessuti elettricamente eccitabili. Questi effetti si possono manifestare nell'intervallo di frequenze da >0 Hz fino a 10 MHz. L'indice di somma spettrale lineare è può essere adeguato, in particolare, nel caso di forme d'onda complesse non ripetitive o pseudo-caotiche, ma nel caso di forme d'onda periodiche conduce a valutazioni eccessivamente cautelative, perché presuppone la coincidenza temporale del valore di picco di tutte le componenti spettrali, un fenomeno che invece di fatto non si verifica mai con queste forma d'onda in condizioni reali.
  • L'indice di somma spettrale quadratica (ISSQ). Presente anch'esso fin dalle Linee Guida IRPA-INIRC del 1988 per per trattare le esposizioni da sorgenti multiple, è adatto a quantificare il livello di esposizione ad un campo elettrico, magnetico o elettromagnetico con forma d'onda complessa con l'obiettivo di prevenire gli effetti di tipo termico. Questi effetti si possono manifestare nell'intervallo di frequenze superiori a 100 kHz.
  • L'indice di picco ponderato (IWP, dall'inglese weighted peak). È stato proposto dall'ICNIRP con uno specifico statement del 2003 sulle forme d'onda complesse (e poi esplicitato in modo dettagliato e incorporato nelle Linee Guida del 2010) con lo scopo di rimediare all'ineguatezza mostrata dall'indice di somma spettrale lineare nel caso di forme d'onda complesse periodiche. Attualmente, essendo citato anche nella Direttiva Europea 2013/35/UE, può essere considerato il metodo di elezione per la valutazione dell'esposizione ad un campo elettrico o magnetico con forma d'onda complessa con l'obiettivo di prevenire gli effetti legati alla stimolazione dei tessuti elettricamente eccitabili, nell'intervallo di frequenze da >0 Hz fino a 10 MHz.
Su quali basi si calcolano gli indici radioprotezionistici?
Gli algoritmi per il calcolo di tutti gli indici radioprotezionistici si basano, in linea di principio, sul rappresentare - mediante la serie di Fourier (o, più spesso, le sue versioni numeriche DFT e FFT) - la grandezza radiometrica G(t) di interesse (campo elettrico o induzione magnetica) come somma di un numero finito N di componenti spettrali sinusoidali, numerate con i=1,...,N, ciascuna caratterizzata da un'ampiezza efficace $G_i^{rms}$, una frequenza fi ed un termine di fase θi:
$G(t) = √2∑_i G^{rms}_i cos(2πf_it+θ_i)$
Gli indici si calcolano rapportando opportunamente le ampiezze spettrali efficaci $G_i^{rms}$ ai corrispondenti valori limite normativi VA(fi) e combinando poi questi rapporti, tenendo eventualmente conto anche delle fasi θi.
Come si calcola l'indice di somma spettrale lineare?
L'indice di somma spettrale lineare ISSL si calcola facendo il rapporto diretto tra le ampiezze spettrali efficaci e i rispettivi valori limite (riferiti agli effetti di stimolazione o più in generale agli effetti non termici) e sommando poi questi rapporti:
$I_{SSL}=∑_i G^{rms}_i / {VA_{nonterm}(f_i)}$
Come si calcola l'indice di somma spettrale quadratica?
L'indice di somma spettrale quadratica ISSQ si calcola facendo il quadrato del rapporto tra le ampiezze spettrali efficaci e i rispettivi valori limite (riferiti agli effetti termici) e sommando poi questi rapporti:
$I_{SSQ}=∑_i {(G^{rms}_i / {VA_{term}(f_i)})}^2$
Come si calcola l'indice di picco ponderato?
Il modo concettualmente più semplice per calcolare l'indice di picco ponderato IWP consiste nell'applicare la definizione operativa con cui è stato introdotto. Occorre costruire una nuova forma d'onda nel dominio del tempo partendo dallo spettro della forma d'onda originale. Nella nuova forma d'onda, le ampiezze spettrali sono rapportate ai valori limite corrispondenti, mentre ai valori di fase deve essere sommato un termine aggiuntivo φi. L'indice cercato è pari al valore assoluto massimo raggiunto nel tempo dall'espressione così ottenuta:
$I_{WP}=MAX|∑_i {G^{rms}_i / {VA_{nonterm}(f_i)}} cos[2πf_i+θ_i+φ(f_i)]|$
Questo approccio porta alla determinazione di quello che propriamente chiameremo indice di picco ponderato nel dominio della frequenza (IWPFD), poiché per la sua determinazione siamo partiti dallo spettro del segnale indagato.
Il termine di fase aggiuntivo è stato chiaramente specificato nelle Linee Guida ICNIRP del 2010. La sua presenza è stata verosimilmente introdotta per consentire di applicare il metodo del picco ponderato (per esempio in un sensore di campo) anche per mezzo di una catena elettronica analogica di filtri a resistenza e capacità (RC), senza alterare significativamente il concetto di base della valutazione, che consiste nel tener conto delle fasi dei contributi spettrali, in modo da mitigare l'eccesso di valutazione insito nell'indice di somma spettrale lineare. In questo approccio che potremmo chiamare in hardware, tuttavia, sia i valori limite VA(fi) sia i termini di fase aggiuntivi φi devono essere approssimati rispetto ai valori indicati dalle Linee Guida ICNIRP (che per altro indicano anche le tolleranze ammesse), portando a determinare valori di indice anche apprezzabilmente diversi da quelli forniti dall'approccio del dominio della frequenza.
In alternativa, l'indice di picco ponderato può essere calcolato anche nel dominio del tempo (IWPTD), senza cioè passare dal calcolo dello spettro. Questo approccio si basa su tecniche di elaborazione numerica del segnale, che portano a simulare via software la catena di filtri analogici RC con cui può essere approssimata la curva di pesatura adottata dall'indice. Evidentemente, questo approccio risente della stessa difficoltà descritta per l'approccio in hardware.
Confronto tra l'indice di somma spettrale lineare e l'indice di picco ponderato
Sia l'indice di somma spettrale lineare, sia l'indice di picco ponderato si applicano alla valutazione dei campi elettrici e magnetici con forma d'onda complessa in relazione alla prevenzione degli effetti di stimolazione dei tessuti elettricamente eccitabili. Può essere utile pertanto confrontarne le caratteristiche.

Principali vantaggi dell'indice di somma spettrale lineare

  • Si calcola in modo molto semplice e rapido.
  • Poiché non utilizza le fasi delle componenti spettrali, può essere applicato anche allo spettro fornito da un analizzatore supereterodina, oppure a misure di campo eseguite indipendentemente su ciascuna componente (nel caso di sovrapposizione di più sorgenti sinusoidali indipendenti).

Principali limiti dell'indice di somma spettrale lineare

  • In molti casi, specie quando si ha a che fare con forme d'onda complesse periodiche, conduce a valutazioni eccessivamente cautelative, che possono penalizzare inutilmente l'operatività della sorgente.
  • Risente notevolmente della presenza di rumore nel segnale misurato, poiché trascura la distribuzione intrinsecamente caotica delle fasi delle componenti spettrali del rumore e somma queste ultime come se fossero tutte in fase tra loro.
  • Se lo spettro viene determinato per via numerica, il metodo può essere affetto da problemi di spectral leakage.

Principali vantaggi dell'indice di picco ponderato

  • Corregge i limiti dell'indice di somma spettrale lineare, fornendo valutazioni corrette anche in caso di forme d'onda periodiche, per mezzo di un algortimo che tiene conto delle fasi delle componenti spettrali.
  • Grazie alla formulazione adottata, si presta abbastanza bene per una implementazione in hardware negli strumenti di misura.

Principali limiti dell'indice di picco ponderato

  • In alcuni casi, il calcolo può essere oneroso.
  • L'algoritmo adottato richiede di conoscere le fasi delle componenti spettrali e quindi necessita, in generale, di uno spettro calcolato con l'analisi di Fourier a partire dal segnale di campo campionato nel dominio del tempo.
  • L'approccio in hardware e l'approccio nel dominio del tempo conducono a valutazioni affette da un certo livello di errore (comunque tollerato dalle Linee Guida ICNIRP).
  • L'approccio nel dominio della frequenza può essere affetto da problemi di spectral leakage.
  • L'approccio nel dominio del tempo può risentire del transitorio di inizio del segnale.
Nota Bene
Ad oggi, le applicazioni del portale WebNir consentono di determinare l'indice di picco ponderato (sia nel dominio del tempo, sia nel dominio della frequenza) solo per le forme d'onda di induzione magnetica.

Per approfondire: